I disturbi del comportamento alimentare

disturbi del comportamento alimentare
I Disturbi del Comportamento Alimentare sono in forte aumento tra preadolescenti e adolescenti e comprendono varie forme legate al controllo del cibo e dell’immagine corporea. Nascono dall’unione di fattori psicologici e sociali con eventi scatenanti che spingono i ragazzi a cercare sicurezza nel controllo alimentare. La cura richiede un’équipe multiprofessionale e il coinvolgimento della famiglia.
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Dottoressa Paola Allori, neuropsichiatra infantile di Rete PAS

Dott.ssa Paola Allori

I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) hanno ormai da tempo assunto il carattere di una vera e propria emergenza in età adolescenziale, con aumento anche in età preadolescenziale, cioè a partire dai 10-11 anni (+35% dei casi dal 2019 ad oggi).

Quali sono i disturbi del comportamento alimentare

I disturbi del comportamento alimentare comprendono:

  • Anoressia Nervosa (AN): la tendenza a restringere l’apporto di cibo con paura pervasiva di prendere peso e concomitante distorsione dell’immagine corporea;
  • Bulimia Nervosa (BN): abbuffate seguite da condotte di eliminazione quali vomito autoindotto, abuso di lassativi e diuretici, digiuno o esercizio fisico eccessivo;
  • Binge Eating Disorder (BED): abbuffate compulsive non necessariamente seguite da condotte compensatorie, spesso utilizzate come modalità di autoregolazione emotiva;
  • Disturbo evitante/restrittivo, che comprende svariate condizioni, tutte caratterizzate da aspetti di controllo sull’alimentazione, quali l’Ortoressia (preoccupazione eccessiva per il cibo “sano” fino ad un vero e proprio comportamento ossessivo) e la Vigoressia (ossessione per il tono muscolare e l’attività sportiva, con percezione alterata del proprio fisico, alimentazione iperproteica, abuso di integratori).

Gli studi epidemiologici internazionali stimano una prevalenza dell’AN intorno allo 0,2-0,8 %, del 3% per la BN e del 3,7-6,4% per il BED. Si stima che in Italia circa 3,5 milioni di persone soffrano di disturbi del comportamento alimentare in forma più o meno compensata, il 90% sono donne, ma la percentuale nell’uomo sta rapidamente aumentando.

Ma cosa c’è dietro a questa drammatica situazione? Sicuramente possiamo individuare dei fattori di rischio quali la ricerca di prestazioni costantemente elevate in campo scolastico, sociale, sportivo, il perfezionismo, la competitività esasperata, la difficoltà di accettare i cambiamenti del corpo, i modelli familiari e sociali che identificano salute e successo con un determinato tipo di immagine corporea.

Nel momento in cui questi fattori di rischio impattano con un evento scatenante (abbandono da parte degli amici, rottura sentimentale, bocciatura a scuola, commenti negativi sui social, ecc) la ragazzina/o comincia quasi senza accorgersene a cercare sicurezza nel controllo del cibo, sentendosi capace e degna di stima solo in questo modo. Da qui a precipitare nel disturbo il passo è breve e non sempre è facile accorgersene perché le strategie di camuffamento sono tante, dal controllare la preparazione dei cibi allo sminuzzamento, dall’esercizio fisico fatto di nascosto al vomito autoindotto.

La malattia ferma la crescita, annulla le richieste dell’ambiente, mette in scacco la famiglia e spesso diventa un altro modo di vivere, doloroso ma alternativo rispetto al mondo che sta fuori e che fa troppa paura. L’evoluzione è abitualmente positiva sul piano somatico, ma il disturbo in molti casi dura anni, interrompe il percorso di crescita e lascia spesso esiti non soddisfacenti sul piano psichico e del rapporto con il cibo.

L’approccio terapeutico

L’approccio terapeutico si basa su un modello multiprofessionale (Neuropsichiatra Infantile o Psichiatra, Psicologo, Dietista, Medico internista), con intensità di cura variabile a seconda dei casi, fino al ricovero ospedaliero in Centri Specializzati. Da sottolineare come gli studi più recenti siano concordi nel sottolineare l’importanza del coinvolgimento della famiglia nel percorso di cura al fine di migliorare lo stile comunicativo disfunzionale spesso presente a livello familiare, che può funzionare come concausa e/o come fattore di mantenimento del disturbo.

Articolo scritto da

Immagine di Dott.ssa Paola Allori
Dott.ssa Paola Allori
La dott.ssa Paola Allori è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Firenze e successivamente specializzata in Neuropsichiatria Infantile presso la stessa università. Ha lavorato presso la Struttura Organizzativa Dipartimentale (SODc) di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Careggi (2005-2013) dove si è occupata di disabilità neuromotoria e neuropsichica grave e successivamente presso il Dipartimento di Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer (2014-2024) dove si è occupata degli scompensi psicopatologici in età adolescenziale. Si occupa di valutazione, gestione e cura nella disabilità neuropsichica grave, nella disabilità neuromotoria, nella psicopatologia dell’età evolutiva e nel trattamento dello scompenso psichico in infanzia e adolescenza riguardo sia alla presa in carico dei pazienti che della famiglia.
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Dott.ssa Paola Allori
La dott.ssa Paola Allori è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Firenze e successivamente specializzata in Neuropsichiatria Infantile presso la stessa università. Ha lavorato presso la Struttura Organizzativa Dipartimentale (SODc) di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Careggi (2005-2013) dove si è occupata di disabilità neuromotoria e neuropsichica grave e successivamente presso il Dipartimento di Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer (2014-2024) dove si è occupata degli scompensi psicopatologici in età adolescenziale. Si occupa di valutazione, gestione e cura nella disabilità neuropsichica grave, nella disabilità neuromotoria, nella psicopatologia dell’età evolutiva e nel trattamento dello scompenso psichico in infanzia e adolescenza riguardo sia alla presa in carico dei pazienti che della famiglia.

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