Ecocolordoppler tronchi sovraortici: cos’è e a cosa serve?

L’ecocolordoppler dei tronchi sovraortici è un accertamento diagnostico che valuta morfologia e flusso sanguigno delle arterie che irrorano il cervello. Grazie alla capacità di rilevare placche aterosclerotiche, malformazioni, aneurismi, dissezioni e occlusioni, questo esame rappresenta uno strumento imprescindibile per valutare il rischio di ictus e attacchi ischemici transitori e per il monitoraggio dei pazienti con fattori di rischio cardiovascolare.
Indice dei contenuti

Dottor Guido Bellandi, chirurgo vascolare di Rete PAS

Dottor Guido Bellandi

Che cos’è l’ecocolordoppler dei tronchi sovraortici?

L’ecocolordoppler dei tronchi sovraortici (TSA), noto anche come ecocolordoppler delle carotidi o dei vasi epiaortici, è un esame diagnostico non invasivo che, avvalendosi degli ultrasuoni dell’ecografia, combinati con il doppler e il colordoppler, permette di valutare la struttura e il flusso sanguigno della arterie che irrorano il cervello, cioè i tronchi sovraortici. Le principali arterie che vengono analizzate sono le seguenti:

  • arterie carotidi comuni (una per lato, come le successive);
  • arterie carotidi interne: portano il sangue al cervello e agli occhi;
  • arterie carotidi esterne: irrorano le strutture del collo e della testa, escludendo l’encefalo e l’occhio. Più nello specifico, forniscono sangue al collo, alla faringe, alla laringe, alla tiroide, all’esofago, alla mandibola, al volto e al cuoio capelluto;
  • arterie vertebrali: decorrono nell’estremità dei processi trasversi della colonna cervicale irrorando direttamente la parte posteriore del cervello (cervelletto), contribuendo, insieme alle altre viste sopra, alla circolazione cerebrale;
  • arterie succlavie: da esse originano le arterie vertebrali e portano il sangue agli arti superiori.

A che cosa serve?

Attraverso questo esame è possibile:

  • valutare la presenza di placche aterosclerotiche che restringono le arterie (stenosi) o le ostruiscono;
  • analizzare la velocità e la direzione del flusso sanguigno;
  • ricercare la presenza di malformazioni, aneurismi (dilatazioni), dissezioni e occlusioni arteriose;
  • valutare il rischio di ictus o TIA (attacco ischemico transitorio), aiutando a prevenire eventi cerebrovascolari legati a un ridotto apporto sanguigno al cervello;
  • monitorare pazienti a rischio (per esempio, ipertesi, diabetici, fumatori o chi ha familiarità per malattie cardiovascolari);

Inoltre, questo esame può essere utilizzato sia a scopo pre-operatorio in pazienti che devono effettuare interventi come l’endarterectomia carotidea o le stenting carotideo, sia a scopo post-operatorio per valutare l’efficacia di tali interventi.

In quali casi è consigliato eseguire questo esame?

In primis, l’ecocolordoppler dei tronchi sovraortici ha un ruolo importante sia dal punto di vista diagnostico sia per orientare le eventuali scelte terapeutiche quando compaiono sintomi quali vertigini, perdita di vista transitoria (amaurosi fugace), debolezza improvvisa di un arto o disturbi del linguaggio. Tali segni clinici potrebbero infatti far sospettare la presenza di un problema vascolare come un ictus – ischemico, in caso di ostruzione del flusso sanguigno, o emorragico, in caso di rottura di un vaso – o un attacco ischemico transitorio (TIA). In aggiunta, come già accennato sopra, questo esame è importante come screening in pazienti con fattori di rischio cardiovascolare (fumatori, diabetici, ipertesi, chi ha familiarità per malattie cardiovascolari o chi è affetto da arteriopatia degli arti inferiori) e in quelli che devono o hanno già effettuato interventi per il trattamento delle stenosi carotidee.

Come si svolge? È necessaria una preparazione?

Questo esame, oltre ad essere completamente indolore, non necessità di alcun tipo di preparazione. Dopo aver fatto sdraiare il paziente su un lettino, il medico gli applica un gel sul collo, in modo da permettere agli ultrasuoni generati nella sonda ecografica di penetrare nei tessuti.
L’ecografia mostra in tempo reale le immagini delle arterie, mentre il colordoppler evidenzia il flusso sanguigno (i colori saranno rosso e blu, che indicano rispettivamente le direzioni opposte del flusso sanguigno). L’esame ha una durata molto breve (dai 15 ai 30 minuti) e il referto viene rilasciato al termine della visita.

Quali sono le cause che portano alla formazione di placche, con la conseguenza che vi è la riduzione del normale flusso sanguigno?

Le placche che possono portare a una riduzione del flusso e sanguigno cerebrale, e di conseguenza aumentare il rischio di ictus ischemico, sono principalmente legate all’aterosclerosi, un processo patologico che coinvolge le arterie. Queste placche si formano nelle pareti delle arterie, restringendo il lume vascolare (stenosi) e riducendo il flusso sanguigno diretto verso il cervello. Le placche sono costituite da colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo “cattivo”, che se presente in quantità elevate porta all’accumulo di lipidi o grassi), cellule infiammatorie (macrofagi), tessuto fibroso, tessuto fibroso connettivo e calcio (nei casi avanzati vi è la formazione di placche calcificate).

Per quanto riguarda i fattori di rischio modificabili, essi sono i seguenti:

  • ipertensione arteriosa: danneggia le pareti vasali, favorendo la formazione di placche;
  • ipercolesterolemia (colesterolo LDL alto e colesterolo HDL basso): favorisce l’accumulo di grassi nelle arterie;
  • diabete mellito: l’eccesso di zucchero danneggia i vasi e accelera il processo di aterosclerosi;
  • fumo di sigaretta: danneggia l’endotelio vasale e promuove la sua infiammazione;
  • obesità e sedentarietà: aumentano il rischio metabolico;
  • alimentazione scorretta: un alimentazione ricca di grassi saturi, zuccheri e sale aumenta il rischio di aterosclerosi, oltre che di altre malattia cardiovascolari.

Altri meccanismi in grado di aumentare il rischio di ictus sono l’ulcerazione di una placca, che favorisce la formazione di trombi capaci di occludere l’arteria, e la rottura stessa di una placca, responsabile della formazione di embolie cerebrali. In quest’ultimo caso, frammenti di placca o coaguli possono staccarsi e occludere le arterie cerebrali.

Tra i fattori di rischio non modificabili figurano l’età – il rischio cresce dopo i 50-60 anni –, il sesso, dal momento che gli uomini presentano un’incidenza più elevata rispetto alla donne fino alle menopausa di queste, e la familiarità, ovvero la predisposizione genetica all’aterosclerosi.

Per quanto riguarda le pratiche di prevenzione, è buona prassi mantenere il controllo delle pressione arteriosa, optare per la dieta mediterranea, riducendo quindi i grassi saturi e aumentando il consumo di cibo ricco di fibre o omega-3, fare attività fisica in maniera regolare, abolire completamente il fumo di sigaretta e, quando ovviamente necessario, ricorrere ai farmaci (statine, antiaggreganti come l’aspirina, anticoagulanti in caso di fibrillazione atriale).

Infine, per concludere, se le placche carotidee causano una stenosi grave (maggiore del 70%) o provocano una sintomatologia neurologica, può essere preso in considerazione il ricorso ad un intervento chirurgico “open” (endoarteriectomia carotidea) o endovascolare (stenting carotideo).

Articolo scritto da

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Dott. Guido Bellandi
Il Dottor Guido Bellandi ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Firenze e ha successivamente ottenuto due specializzazioni: Chirurgia Vascolare (Università degli Studi di Roma) e Chirurgia Generale (Università degli Studi di Firenze). Esperto conoscitore delle procedure chirurgiche vascolari ed endovascolari per il trattamento delle patologie aneurismatiche e periferiche (carotidee, aortiche, viscerali, arti superiori e inferiori), oltre che della flebologia nel trattamento delle varici degli arti inferiori, è stato responsabile del reparto di Chirurgia Endovascolare e Periferica presso l’Ospedale San Giovanni di Dio (FI). In virtù della sua esperienza a livello professionale, all’interno dei nostri ambulatori esegue ecocolordoppler dei vari distretti con scrupolosità e attenzione, senza mai prescindere dalle specifiche condizioni ed esigenze di ciascun paziente
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Dott. Guido Bellandi
Il Dottor Guido Bellandi ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Firenze e ha successivamente ottenuto due specializzazioni: Chirurgia Vascolare (Università degli Studi di Roma) e Chirurgia Generale (Università degli Studi di Firenze). Esperto conoscitore delle procedure chirurgiche vascolari ed endovascolari per il trattamento delle patologie aneurismatiche e periferiche (carotidee, aortiche, viscerali, arti superiori e inferiori), oltre che della flebologia nel trattamento delle varici degli arti inferiori, è stato responsabile del reparto di Chirurgia Endovascolare e Periferica presso l’Ospedale San Giovanni di Dio (FI). In virtù della sua esperienza a livello professionale, all’interno dei nostri ambulatori esegue ecocolordoppler dei vari distretti con scrupolosità e attenzione, senza mai prescindere dalle specifiche condizioni ed esigenze di ciascun paziente

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