Riceviamo e pubblichiamo un approfondimento della Dottoressa Elena Margherita Presotto, neuropsichiatra infantile dell’AUSL Toscana Centro.
Riceve presso Ambulatori Specialistici Toscani presso c/o Centro Coop Ponte a Greve, in Viuzzo Delle Case Nuove 9 (Fi) , al 1° Piano.
Epilessia: cosa bisogna fare?
L’epilessia è una condizione neurologica più comune di quanto si creda: può riguardare bambini e adolescenti e manifestarsi con crisi molto diverse tra loro. Conoscerla significa poter riconoscere i segnali e intervenire correttamente. Le crisi epilettiche derivano da un’alterazione temporanea dell’attività elettrica del cervello: non tutte si manifestano allo stesso modo, alcune sono molto evidenti, altre quasi impercettibili.
- Le crisi focali partono da una zona circoscritta del cervello e possono provocare sensazioni strane, movimenti involontari di un arto, difficoltà a parlare o un improvviso senso di paura.
- Le crisi generalizzate, invece, coinvolgono tutto il cervello fin dall’inizio: tra queste ci sono le assenze, brevi momenti in cui il bambino “si blocca”, le mioclonie, cioè piccoli scatti improvvisi, o le crisi tonico–cloniche, le più note, con caduta e scosse del corpo.
Molte epilessie che insorgono in età evolutiva hanno un andamento benigno e una prognosi favorevole. Per esempio nell’epilessia “rolandica” (o epilessia focale benigna dell’età scolare) le crisi accadono durante il sonno. Le crisi tendono a scomparire spontaneamente in adolescenza. L’epilessia a tipo assenze dell’infanzia, invece, si manifesta con numerose assenze quotidiane di pochi secondi, spesso confuse con distrazione o “momenti di incantamento”. Anche in questo caso, con la terapia corretta, la maggior parte dei bambini ha un’ottima evoluzione.
Nell’adolescenza possono comparire altre forme. L’epilessia mioclonica giovanile è caratterizzata da piccoli scatti muscolari al risveglio e talvolta da crisi generalizzate: è molto sensibile alla privazione di sonno, per cui regolarità e igiene del sonno diventano fondamentali quanto i farmaci. Esiste anche l’epilessia con crisi tonico–cloniche al risveglio, in cui gli episodi avvengono soprattutto al mattino, e l’epilessia con assenze dell’adolescente, con assenze meno frequenti ma più lunghe rispetto a quelle infantili, richiedendo spesso terapia continuativa Alcune sindromi epilettiche, come la Lennox–Gastaut, sono più complesse e richiedono un percorso clinico strutturato perché possono comportare crisi frequenti e difficili da controllare.
Cosa fare quando compare una prima crisi
Quando un bambino o un adolescente manifesta una sospetta crisi, un arresto del contatto o comportamenti anomali è importante attivare un iter diagnostico.
I passi fondamentali sono:
- Visita neurologica con raccolta della storia clinica.
È importante descrivere bene cosa è accaduto: tipo di crisi, durata, circostanze, precedenti medici o neurologici, familiarità per epilessia, eventuali segnali di allarme. Questo aiuta il medico a valutare se la crisi è “provocata” (per esempio da febbre, trauma, tossici) o meno. - Elettroencefalogramma (EEG).
L’EEG rappresenta il primo esame da fare: un tracciato di veglia e sonno, per cercare anomalie caratteristiche. Anche se un EEG “di routine” può essere negativo, non esclude che si tratti di epilessia. Talvolta può essere necessario eseguire un tracciato video-EEG più lungo. - Neuroimaging (RM encefalo).
Talvolta l’iter diagnostico prevede anche una risonanza magnetica cerebrale, specialmente nell’esordio di crisi focali, specialmente se l’esame clinico o EEG non permettono una classificazione univoca. La RM aiuta a escludere o identificare lesioni strutturali, malformazioni corticali o altre cause sottostanti. - Valutazione neuropsicologica e cognitiva
Oltre a EEG e RM, è consigliabile valutare le funzioni cognitive, attenzionali, di apprendimento, comportamento e sviluppo — soprattutto se l’epilessia insorge in età evolutiva. Questo perché alcune epilessie possono avere impatto su memoria, linguaggio, attenzione, rendimento scolastico o sviluppo psico-motorio. Un profilo neuropsicologico aiuta a costruire un piano di supporto personalizzato: educazione, scuola, strategie preventive, interventi riabilitativi. Le linee guida più recenti sottolineano l’importanza di un approccio multidimensionale. - Monitoraggio e follow-up
Una volta concluse le prime indagini, è importante monitorare l’evoluzione: registrare eventuali nuove crisi, verificare l’efficacia del trattamento, aggiornare la classificazione (tipo di epilessia, sindrome, fattori di rischio). Se la semiologia cambia, o se le crisi non rispondono ai farmaci, possono essere necessari approfondimenti più complessi.
Intervenire davanti a una crisi
Sapere come intervenire davanti a una crisi è fondamentale. Durante una crisi bisogna mantenere la calma, mettere la persona in sicurezza evitando cadute, non forzare la bocca né mettere le mani in bocca e non trattenere i movimenti. Se la crisi dura più di cinque minuti o si ripete poco dopo, è necessario chiamare il 118. La maggior parte delle crisi però si risolve spontaneamente in meno di un paio di minuti.
Con la terapia adeguata e un ambiente informato e sereno, la maggior parte dei bambini e degli adolescenti con epilessia conduce una vita piena, frequenta la scuola, fa sport e costruisce relazioni come tutti gli altri. Conoscere l’epilessia significa soprattutto ridurre lo stigma e restituire ai ragazzi la possibilità di essere visti per ciò che sono, non per la loro diagnosi.